Antonella Salvucci, occhi da cerbiatto, chioma da fatina, un fisico perfetto, che ai tempi delle elementari -come di prammatica- si sentiva così così. Papà militare, comandante in Guardia di Finanza.
SALVUCCI: Non mi sono mai sentita bella, da piccola ero molto magra ma già intenzionata a fare l’attrice. Avevo letto su un giornale che una ragazzina magra e minuta quanto me aveva recitato nel ruolo di Olivia (la segaligna girl di Braccio di Ferro, ndr)”.
“So che volevo a tutti i costi recitare, da piccola mi guardavo tutti i film di Dario Argento. Facevo drammatizzazione, non vedevo l’ora di darmi un riscatto”.Quindi l’attore non è sorrisi e feste e servizi fotografici…Sei vuoi fare l’attore devi avere passione vera e abnegazione. Soprattutto se come me intendi provare a recitare in America! Gli sbarramenti e le prove sono talmente vessatori che solo con la più totale determinazione ce la si può fare! Pareva di stare dentro Il Diavolo veste Prada…
Come sei arrivata a LA?
Grazie al mio arting coach che mi vedeva particolarmente idonea: mi ha portata in California a studiare e lì, grazie alla conduzione di serate e ad attori come John Philip Low sono entrata nel giro di Dino e Marta de Laurentiis. Provavamo le scene insieme, erano diventati di famiglia…ma non crediate che sia stato tutto all’acqua di rose!
La prova del fuoco?Per recitare in America senza essere americana devi superare prove da Green Card: chi ha parlato di te, con chi hai recitato, che talenti hai ma…tutto documentato! Mia sorella mi ha mandato tre valigie di roba dall’Italia! Quando, dopo tre anni, mi hanno detto che ce l’avevo fatta, ero incredula! Inoltre devi avere un Dialog Coach per parlare con accento americano. Ma ho scoperto che noi italiani siamo dei bravi attori, magari meno avvezzi agli effetti speciali però portatori di un buon cinema artigianale. Abbiamo grinta.
Hai mai fatto cose pericolose?
Tantissime! Ricordo che una volta la scena implicava l’incendio dei miei capelli, ero sdraiata per terra con la faccia contro un vetro e mi dissero “tu vai a testa in giù e noi ti tiriamo”. In The Torturer di Laberto Bava stavo chiusa dentro una bara. In un film girato in Svizzera dovevamo stare sulla funivia e ricordo che il mio partner in recitazione soffriva di vertigini!
Il tuo ricordo più bello?
Ne ho tanti. Ma ricordo Lina Wertmüller che mi tagliò la frangetta e mi fece le sopracciglia alla Loren. Lei curava tutto, ogni dettaglio, anche i fili della corrente. Ti insegnava la grandezza e l’umilità. Bellissimo, il mio ricordo legato a Bolliwood: non ci volevo andare, perché l’India rimane un paese pericoloso sotto certi aspetti per una donna occidentale, mi ha convinta il mio manager. Invece è stata un’esperienza grandiosa, a tratti surreale, mi trattavano come una divinità, mi accarezzavano i capelli, mi infilavano le scarpe! E l’attitudine era sempre pacifica, con l’eterno namasté.
Cosa stai facendo ora?
Ho appena finito di girare in un film per Natale dei fratelli Baldwin, Kid Santa, dove sono un elfo. Poi, un thriller, Terror Zone, dove recito la parte di una strega temibile che si trasforma in bella, sensuale e devota al dio che deve sconfiggere un patogeno virale.
Un attore finge anche nella vita?
Un attore non finge! Si svuota e riempie il contenitore con il personaggio. Devi levare ogni blocco, ogni maschera. Lo studio è costante, anche e soprattutto su te stesso. Nella vita, io sono la persona più sincera e schietta del mondo!